ACCPI, basta alle morti sulle strade: “Inizieremo una raccolta firme per una legge salvaciclisti”
In questi giorni sono tornati d’attualità i tristi fatti di cronaca che riguardano l’investimento di corridori. Dopo Paolo Simion, ieri è toccato al giovane Samuele Manfredi. Come evidenziato in un comunicato pubblicato oggi dall’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani, dopo una decrescita fino al 2016, le morti sulle strade italiane hanno ricominciato ad aumentare. Nel 2017 sono morti 254 ciclisti su un totale di 3.378 decessi. Praticamente ogni giorno muoiono 10 persone in Italia sulla strada e ogni 34 ore muore un ciclista.
Nei giorni scorsi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commentato la tragedia avvenuta nella discoteca di Corinaldo dicendo: “Non si può morire così”. Mentre uno dei nostri ragazzi a soli 18 anni lotta per la vita, lasciandoci con il fiato sospeso, riprendo le parole del capo dello Stato per ricordare che la violenza stradale è la causa maggiore di morte per i giovani sino a 30 anni» afferma Cristian Salvato, presidente ACCPI.
Al funerale di Michele Scarponi le massime autorità del nostro paese e del mondo dello sport avevano promesso un intervento concreto perché tragedie del genere fossero ridotte al minimo e invece, a distanza di quasi due anni, nulla è cambiato. Anzi, la situazione se possibile è peggiorata. “Chi non ha mantenuto gli impegni che si era assunto è un delinquente, così come è un assassino chiunque firma per la realizzazione di una nuova strada senza pensare a chi la solcherà in bici o a piedi” aggiunge riferendosi alla legge 366/1998 sulla mobilità ciclistica, che obbliga il proprietario o gestore della strada a prevedere sempre una pista ciclabile quando viene costruita una nuova strada o viene effettuato un intervento di manutenzione straordinaria. Normativa regolarmente disattesa perché non presenta sanzioni per i trasgressori. Un Paese civile non può permetterlo.
“Se per fermare la vostra stupida violenza alla guida occorre una rivoluzione, la avrete” commenta Marco Cavorso, delegato alla sicurezza del sindacato dei ciclisti, che ben conosce la materia avendo perso il figlio Tommaso, proprio a causa di un incidente mortale che lo ha portato via a soli 14 anni. “Siamo davvero stufi. Non è più tempo di parole, ma di fatti concreti. Nei prossimi giorni inizieremo una raccolta firme perché una legge salvaciclisti diventi effettiva. Non possiamo più permettere che i nostri ragazzi vengano buttati giù come birilli per mancata precedenza, velocità elevata o una banale ma fatale distrazione. Il sorpasso con una distanza minima di sicurezza deve diventare obbligatorio, l’uso del cellulare al volante deve essere pagato con il ritiro della patente, un omicidio stradale deve essere trattato alla pari di qualsiasi altro assassinio. Gli utenti deboli meritano rispetto e tutele adeguate. La vita è sacra“.
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Questa iniziativa di principio è giusta ma è spesso disattesa a causa dei motorizzati distratti o delle strade strette.Inoltre,in caso di incidente è difficilmente riscontrabile l’eventuale colpa.
Invece,nei paesi del nord Europa,quando la strada non consente la ciclovia separata dalla viabilita’ ordinaria,non manca mai la corsia ciclabile disegnata sulla carreggiata.Ultimamente è anche delimitata esternamente dalla banda rumorosa.Costi contenuti e massima utilita’ sul fronte della sicurezza.Questa corsia,infine,non riduce la carreggiata e quindi non causa disagi alla circolazione ,perche’ i motorizzati,in assenza del ciclista,possono invaderla.
Gianfranco Di Pretoro
Peccato mi sarebbe piaciuto inviarvi le foto delle corsie olandesi.